Sono stati barbaramente ammazzati, o esuli come gli altri tra i confini di Albania e Macedonia, i poeti, voci
Di un popolo, lontani ôdalla loro rivaö, costretti a lasciare tutto, casa e affetti, la loro patria e approdare
Chissà dove !..Tutto è avvolto in un atmosfera cupa di silenzio, il silenzio e il fuoco , metafore dominanti dei versi dei poeti kosovari.
Cosi il poeta Din Mehmeti, considerato la voce più autorevole del Kosovo: ôQuando i fuochi scoppiano/
Le cose si dicono velocemente/ quando ardo e quando vivo/ deve resistere!ö. Saranno stati uccisi o deportati ?..perché la voce dei poeti disturba i piani diabolici del potere, come disturbarono le altre voci
Di Neruda, Garcia Lorca o Pasternak ?
O il più grande poeta del Kosovo è nascosto tra la massa dei disperati che incalzati dalla polizia serba
Supera dopo giorni di cammino il tanto sospirato confine ?..confuso con gli altri, confuso come quelli
Che furono, che sono e forse che saranno, come i tanti bambini che in tenera età già portano negli
Occhi l’orrore di una guerra etnica che rievoca antichi e feroci sapori medievali.
Ali Podrjmia, altra figura poetica del Kossovo. Autore di numerose pubblicazioni, fine creatore di
Dolci e tenere ninne nanne, ma allo stesso tempo dure
E realistiche: » non posso far altro che darti un nome/ che donarti il mio tempo/ la pazienza della pietra il fuoco azzurro».
La metafora del fuoco torna insistentemente nei versi dei poeti kosovari, l’ardere della speranza , il denunciare che tutto non è ancora perduto, è necessario lottare fino alla morte, bisogna resistere:» Perisca bruciato chi non ha lottato mai/ chi non ha cantato mai.» E ancora :» il mondo può guarire e resuscitare/ là dove nasce e muore il nuovo dolore.»
Il ricorrente, quasi ossessivo simbolo del fuoco che è presente anche in un altro poeta kosovaro, Radoslav Zlatanovic, che narra di una terra elegiaca, ma dove l’odio etnico si scontra, dove:» la sciabola fischierà sopra la mia testa/ Ora lo so di sicuro/ Non devo inventare le parole/ Questo pezzo di terra e’ uguale al fuoco.» Cosi anche sull’orlo del baratro più cupo, anche questo popolo in fuga, porta dentro di se la voce accorata e nuda dei suoi poeti, destinati più degli altri a sentire la tragedia che si sta consumando così ferocemente nei Balcani. Scrive il poeta Din Mehmeti:» In noi si compiono tutte le guerre, ma anche strisciando sulle ginocchia, si va verso l’avvenire.»
Nei versi dei poeti Kosovari le antiche radici della Diaspora.
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