Nel 1505 il feudo di Bollita (1)(Calabria Citeriore) andò in proprietà ad uno Spagnolo, Pietro Sandoval de Castro, regio capitano dÆarmi, castellano di Cosenza
E governatore generale della Calabria assegnatogli dal re Ferdinando il Cattolico per
Meriti di guerra öcon il suo castello gli uomini ed i vassalli, col puro comando ed il banco di giustizia e con la cognizione della prime causeö(2).
Quel feudo era appartenuto prima ai Sanseverino di Bisignano conti di Capaccio, quindi ad Agostino di Montenegro morto senza figli legittimi, per ritornare quindi ai Sanseverino (3).
Nel 1515 Pietro de Castro sposò una nobildonna napoletana, Giovanna, figlia di D.Francesco De Castel Bisbal, Utile Signore di Briatico, Calimera e San Calogero.
Quel matrimonio è documentato da un instrumento redatto su pergamena dal notaio
Bartolomeo Levato di Taverna e recante la data del 16 Aprile 1515 nel quale si legge de Castro dava in garanzia della dote della futura sposa , la somma di 8000 ducati
E l’obbligazione del castello di Boleto.
Da quel matrimonio nacque, l’anno dopo, un figlio cui fu dato il nome di Diego come il nonno paterno, uomo d’armi e poeta alla corte di re
Alfonso d’Aragona a Napoli e conte di Castro. Nel 1520, ancora fanciullo,
Diego perdette i genitori e fu allevato dalla nonna materna, Caterina Saracina, vedova di D.Francesco Bisbal. La tutela durò fino al 1534, quando Diego ebbe raggiunta l’età di 18 anni, ma già da due era castellano
Di Cosenza e non già di Taranto.
» Di nobile stirpe, ricco , di bella presenza, valente nelle armi»,
D. Diego Sandoval de Castro fu anche poeta come il nonno ed aveva sposato una nobildonna, Antonio Caracciolo, la quale era solita abitare
Nel castello di Bollita con i suoi figli dei quali si conoscono i nomi di tre
( Pietro, Francesco e Lucrezio) e riceveva raramente le visite del marito
il quale, come sappiamo, reggeva la castellania di Cosenza, incarico che
tenne dal 9 Aprile 1532 al 13 luglio 1540.
Dopo questa data non si sentì più parlare di Diego de Castro come
Castellano di Cosenza perché gli subentrò il magnifico Pietro Ortes suo
Vicario per circa un triennio. Infatti, il 6 Aprile 1543 assunse l’incarico
Di regio castellano, » in nome di Carlo V e per elezione del viceré di Napoli Don Pietro di Toledo»,
il magnifico Gerolamo de Fonseca, essendo stato destituito il de Castro per
gravi ragioni.
L’importante documento redatto dal notaio del Macchia, attesta che la castellania di Cosenza veniva affidata al citato de Fonseca»essendo per
Decreto de la gran corte della Vicarìa ( è stato ) suspenso il guberno et
Tenentia del castello de la cita di Cosentia da potere del magnifico D.Diego de Sandoval per le cause in dicto decreto contente».
Non si conoscono le cause per cui il Sandoval venne privato di un
Così prestigioso incarico, e’ noto però che egli, sordo agli inviti reali per
Discolparsi, era stato costretto a girovagare per l’Italia «Bannuto e Contumace».
Dopo essere stato a Firenze e a Roma, il nostro poeta si era stabilito
A Benevento da dove di tanto in tanto veniva a Bollita per rivedere la famiglia.
Fu appunto in casa sua che fece conoscenza di Isabella di Morra
Feudataria della vicina Favale ( L’ odierna Valsinni ), ed autrice di bellissime rime. Isabella era l’unica figlia di Giovanni Michele Morra
Feudatario di Favale dal 1509 e convinto assertore della politica estera
Di Francesco I e di Luisa Brancaccio. Terza di otto fratelli era nata verso
Il 1520. Passò la sua giovinezza nel castello di Favale, insieme ai fratelli
Più piccoli ed a un precettore. La solitudine, il ricordo del padre, l’angoscia di sapere che la sua esistenza si sarebbe svolta «in si vili ed
Orrite contrade» come chiamava i dintorni di Favale, le dettarono, forse
Più per dare un senso alla sua vita che per desiderio di scrivere versi, quella raccolta di poesie di cui solo grazie solo a Benedetto Croce, oggi
Possiamo gustare la lettura.
Per motivi che restano sconosciuti, e per chissà quali circostanze,
Isabella conobbe la moglie di Diego Sandoval de Castro, divennero amiche e certamente si scambiarono delle visite altrimenti non potremmo
Spiegarci il modo in cui fece la conoscenza del nobile Spagnolo.
Non è da pensare minimamente che quest’ultimo abbio incontrato Isabella
A Favale perché non sarebbe stato gradito ai fratelli i quali, sostenitori dei
Francesi odiavano gli Spagnoli per ovvi motivi.
Si deve dedurre, perciò, che i due poeti si siano conosciuti a Bollita ,(odierna Nova Siri),
E che da quel incontro siano nati nei due sentimenti , se non proprio amorosi, di profonda stima tanto che iniziarono uno scambio epistolare servendosi del pedagogo di Isabella come corriere. Intorno a quella amicizia, come d’uso nella gente del sud, si cominciarono a tessere trame
Amorose che allarmarono i fratelli della poetessa, i quali «secondo una mentalità già radicata negli uomini del sud, si sentirono offesi e punti
Nel loro orgoglio maschile».
E perciò, per salvare l’onore spiarono a lungo la vita privata della sorella
E, quando ebbero le prove inconfutabili che il pedagogo fungeva da corriere, recando le lettere da e per Bollita, gli tesero un agguato in un sentiero del bosco » Finocchio», posto fra i due paesi e lo trucidarono.
Quindi rivolsero la propria furia omicida verso la sventurata Isabella.
Non ancora paghi, i fratelli Morra tesero un agguato anche a Diego Sandoval e , dopo molti appostamenti, lo sorpresero in un bosco fra
Noepoli e San Giorgio Lucano e lo uccisero a fucilate. Anche questo delitto riportato da Benedetto Croce, è documentato dalla relazione dello
Allora governatore della Basilicata, Oronzo Basurto, al vicerè spagnolo
Pietro di Toledo. La relazione, qui di seguito riportata, spiega i motivi
Dell’uccisione del Sandoval.
«Subito cavalcai in la terra de la bolita, dove trovai la signora Antonia
Caracciolo, moglie de Don Diego de Castro, castellano che fu de Cosenza…e dicta signora me donò querella contro il Baròn de Favale
Et fratelli ad causa che tene suspicione che questi lo avessero amazato,
che sediceva che dito don Diego avea festeggiato una sorella de dicto
barone, et che lo dicto Don Diego li mandava ed epsa ancora li havea
risposto et donava orechie , et per questa causa et publica voce e fama
là che dicti fratelli lo havean amazato».
Per Antono Baratuccio, avvocato fiscale del Regno, che mandò a
Sua volta una relazione al vicerè sulla morte del ex castellano di Cosenza,
questi sarebbe stato tradito da una persona che gli stava vicino e che sapeva quando il Sandoval lasciava di nascosto la città di Benevento per
recarsi a Bollita.
Il delatore avrebbe avvisato i fratelli Morra i quali si appostarono
Nel luogo che ritennero più adatto perché la vittima non sfuggisse all’agguato.
«..havendono noticia che don Diego – si legge nella relazione
inviata al vicerè Pietro di Toledo – era in Benevento, procuraro tenere
che Don Diego una persona sconosciuta, et li due fratelli vennero de Franza, et, havendono avviso de la dicta persona che servea don Diego,
come passava per andare ad un castello suo nomine la Bollita, l’aspectaro
in un bosco per andare dui o tre dì, dove se trovar de poi le campane facte
et lochi acconciati per tenere gli archibusi; l’altra a lo ciglio del medemo
ochio, un’ altra li fo tirata dalle spalle et li dede a la mittà del collo et lì
scio de la banda denante».
Anche questo delitto veniva consumato, secondo Benedetto Croce, tra il Settembre e l’Ottobre del 1546, perché l’imperatore di Spagna, l’otto
Novembre di quell’anno chiedeva al vicerè notizie sulla morte di Diego
Sandoval de Castro.
Il quattro Dicembre successivo D.Pietro di Toledo rispondeva a Carlo V, inviando le relazioni sopracitate che un funzionario della corte
Riassumeva con tali parole: » le sucedio la muerte por ciertas liviandades
En che anduvo con una hermana de un baròn».
CARLO STIGLIANO